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La Direttiva UE 2024/825/UE contro il greenwashing d’assalto, anche per gli ascensori

di Giuseppe Iotti

Pubblicata nel febbraio scorso, la Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio UE 2024/825/UE rappresenta un momento importante per evitare le azioni di greenwashing che negli scorsi anni sono state portate avanti da troppi soggetti, da una parte in questo modo difendendo le aziende che non ricorrono a queste pratiche, che sono anche di concorrenza sleale, dall’altra stimolando il mercato a impegnarsi davvero per lo sviluppo di un’economia circolare e sostenibile, che sia reale e non di propaganda.

Il nuovo testo, non ancora adottato in Italia (ma lo dovrà essere entro il 27/3/2026 per poi entrare in vigore il 27/9/2026), sviluppa il tema sollevato dalla Direttiva 2005/29/CE, cioè quello delle pratiche sleali, ingannevoli e aggressive, applicandolo tra gli altri a quello della sostenibilità, così giustamente presente oggi anche nel mercato degli ascensori, difendendo i diritti dei consumatori anche in questo campo.

La Direttiva intanto definisce cosa sia una asserzione ambientale generica: un’asserzione non inclusa in un marchio di sostenibilità che sia davvero tale e la cui specificazione non è fornita in termini chiari.

Sono, quindi, da qui in poi da escludere aggettivi come “ecocompatibile”, “verde”, “amico della natura”, spesso usati a vanvera da operatori poco scrupolosi senza che siano documentati e certificati. Anche asserzioni più specifiche quali “neutrale dal punto di vista climatico” vanno evitate se non fondate su basi documentate. Oltre alle asserzioni ambientali questa Direttiva copre quelle di carattere sociale, relative per esempio a parità di genere, inclusione delle diversità, rispetto dei diritti umani. Ulteriori asserzioni possono riguardare la durabilità del prodotto, la sua riparabilità o la riciclabilità, elementi essenziali dell’economia circolare.

I marchi di sostenibilità che le aziende possono utilizzare, che trattino di prodotto, processo o la società stessa, devono essere trasparenti e credibili, il che significa basati su sistemi di certificazione o stabiliti da autorità a ciò demandata; in pratica, ci dev’essere un sistema di controllo terzo che sia autorevole e competente.

Una pratica vietata è quella di sostenere come caratteristiche rilevanti del prodotto elementi che sono irrilevanti o non pertinenti, come (è un esempio fatto direttamente dal testo) un’acqua minerale di cui si sostenga che non contenga glutine. In questo filone, in ambito ascensoristico, si possono includere affermazioni del tipo: “il nostro ascensore elettrico è riciclabile al 90%”. Essendo fatto ogni ascensore elettrico al 90% di materiali ferrosi, stupirebbe il contrario! Occorre anche fare chiarezza del fatto che si parli del prodotto o del suo imballo, che può essere interamente riciclabile quando il prodotto non lo è. Se solo una parte del prodotto presenta caratteristiche particolari dal punto di vista della sostenibilità, bisogna precisare che l’asserzione riguarda quella parte e non tutto il prodotto.

Punto molto importante è che non si può affermare che un prodotto o un servizio sia ad impatto ambientale neutro se questo è ottenuto mediante pratiche di compensazione. In questi casi ovviamente si può asserire che c’è questo aspetto positivo di compensazione (il sostegno ad una piantagione in Amazzonia, per esempio, oppure, per un’azienda che produce shampoo, il sostegno ad associazioni che raccolgono plastica in mare), ma non si deve dichiarare che il prodotto non ha impatto ambientale, perché non è vero, anzi bisogna evitare che il consumatore sia indotto a pensarlo.

Altro dettaglio non trascurabile è che non si possono dichiarare come specifiche di un prodotto o servizio caratteristiche che devono comunque avere per legge. Per esempio, uno slogan come “ascensore sicuro” è discutibile, perché ovviamente tutta la storia della legislazione e normazione è stata scritta perché tutti gli ascensori siano sicuri. Nessuno può immettere sul mercato ascensori meno sicuri di altri, perciò nessuno dovrebbe affermare, anche in modo implicito, che i suoi ascensori sono più sicuri di altri.

Altro tema delicatissimo in generale, ma che tocca in particolare il nostro settore, è l’obsolescenza precoce programmata, talvolta favorita da presunte pratiche di “manutenzione predittiva”. Di fatto gli ascensori di oggi spesso danno la sensazione di non essere fatti propriamente per durare (nelle regole stabilite per le dichiarazioni ambientali del prodotto ascensore il ciclo di vita previsto è di 25 anni, che, sul mercato italiano, è dell’ordine della metà di quella realmente sperimentato ed ottenibile con adeguata manutenzione ordinaria e straordinaria). Per carità di patria non parliamo poi di riparabilità, ma lo fa la Direttiva, che speriamo aiuti i consumatori a interessarsi delle caratteristiche che hanno o non hanno in proposito gli ascensori di cui sostengono e sosterranno in futuro i costi. Ma, al di là dell’effetto negativo sul piano economico di queste pratiche sui consumatori, bisogna pensare davvero all’ambiente: cambiare interamente un ascensore dichiarato obsoleto con uno con caratteristiche energetico-ambientali dichiarate migliori significa per certo consumare tanta energia e risorse per produrre il nuovo impianto da venire compensate dai prevedibili risparmi successivi in un arco di tempo di due o tre decenni, specie se il traffico dell’impianto non sarà intenso.

Crediamo che gli operatori seri e responsabili del nostro settore, su queste basi, non possano che giovarsi della direzione che questa Direttiva proporrà al mercato nei prossimi anni.